L’Associazione Frater si propone di abbattere tutte le barriere, da quelle architettoniche a quelle culturali, che precludono la possibilità di godere e vivere l’ambiente in tutte le sue forme. Per questo promuove la fruibilità universale e la progettazione di ambienti totalmente accessibili secondo i principi della Total Quality e dell’Universal Design, la “progettazione per tutti”, nel rispetto della diversità umana e dei bisogni di tutte le persone.
Il concetto di persona a ridotta mobilità (PRM) – come stabilito dalla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 2008 – permette una visione più globale e aperta alle esigenze di tutti. All’interno di questa definizione, in particolare, rientra un numero di persone molto più ampio rispetto a quelle che hanno una disabilità riconosciuta (fisica, psichica e sensoriale): anziani, bambini e loro accompagnatori, persone di bassa statura, persone con bagagli pesanti o ingombranti.
L’associazione opera in conformità con la legge 13/1989 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) norma che sebbene sia stata sicuramente innovativa, non ha prodotto gli effetti sperati, ed opera in rete con le varie realtà sociali per promuovere attività volte a rafforzare l’azione di smobilitazione delle barriere architettoniche.
La Frater promuove borse di studio con l’obiettivo di premiare i migliori progetti di abbattimento delle barriere architettoniche nel nostro territorio e stimolare un processo utile per formare studenti, docenti e professionisti sul tema dell’accessibilità globale. Una mentalità ormai obsoleta considera l’abbattimento delle barriere architettoniche come un ostacolo da aggirare, non come uno stimolo per una progettazione innovativa.
Una mobilità accessibile costituisce una condizione imprescindibile affinché tutti, senza alcuna distinzione, possano svolgere le attività quotidiane.
Anche in questo settore è necessario un cambiamento culturale che porti a considerare la mobilità come un diritto di ogni singola persona, evitando soluzioni esclusive per la disabilità, che invece aumentano il senso di separazione e non risolvono il problema alla collettività.